Marco Bagnoli, di formazione scientifica e con una laurea in chimica, è una presenza significativa nel panorama artistico internazionale. Basti pensare alle sue partecipazioni alla Biennale di Venezia (1982, 1986, 1997), a documenta di Kassel (1982, 1992) e al Sonsbeek di Arnhem (1986); alle sue personali presso prestigiose istituzioni artistiche quali De Appel, Amsterdam (1980 e 1984), Centre d’Art Contemporain Genève (1985), Musée Saint-Pierre Art contemporain, Lyon (1987), Magasin, Centre National d’Art Contemporain, Grenoble (1991), Castello di Rivoli (1992), Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (1995), IVAM, Centre del Carme, Valencia (2000), České Muzeum Výtvarných Umění, Praha (2009), Civico Planetario Ulrico Hoepli, Milano (2011), Madre, Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina, Napoli (2015), Museo del Novecento, Milano (2022); ai suoi passaggi in grandi musei, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma al Centre Georges Pompidou di Parigi.

A giugno 2020 è stata reinstallata, dopo il restauro, la fontana Cinquantasei nomi, 1999-2000, in prossimità dell’ingresso al Castello di Rivoli. Sempre da giugno 2020 Come figura d’arciere, 1993-2019, è nel Molo E dell’Aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino.

Il 5 maggio 2017 si è aperto a Montelupo Fiorentino l’Atelier Marco Bagnoli, uno spazio multifunzionale, che l’artista concepisce nel suo insieme come un’opera d’arte totale (Gesamtkunstwerk), e che in alcuni dei suoi spazi accoglie l’esposizione temporanea in continua mutazione di sue opere dal 1972 al momento attuale, a cura di Pier Luigi Tazzi.

Nel 2018 è stato pubblicato Germano Celant, Marco Bagnoli, Skira, Milano, una monografia curata da Celant, a cui si deve anche il saggio introduttivo, contenente una cronologia, firmata dallo stesso Celant unitamente ad Antonella Soldaini, che include testi e memorie dell’artista.

…Mi sembrava che, senza abbandonare la scienza ma cercando di applicare le sue conquiste a una reale trasformazione del materiale umano, con l’arte si potesse toccare questo elemento profondo… Nell’arte trovavo un grande spazio. C’era l’arte concettuale che portava una forte carica critica verso il sistema artistico convenzionale. In quell’ambito trovai un ambiente fertile e disponibile ad accogliere con facilità le mie esigenze di ricerca.” Marco Bagnoli – Da Marco Bagnoli di Germano Celant – Skira 2018

La generazione di artisti, a cui appartiene Marco Bagnoli, che si è andata manifestando, in maniera più o meno compatta, fra la fine degli anni 1970 e quella del decennio successivo, da Remo Salvadori a Jan Vercruysse, attraverso Ettore Spalletti, Franz West, Reinhard Mucha, Thomas Schütte, Shirazeh Houshiary, Anish Kapoor, tanto per citare quelli di loro a cui Bagnoli si è più avvicinato, ha praticato il luogo della mostra come quello in cui si realizza la teoria come prassi.

Bagnoli in particolare inizia dal 1981, e continua fino al momento attuale, ad occupare luoghi della tradizione storica e religiosa del territorio di origine e di appartenenza che riconosce e in cui si riconosce, la Toscana. In quell’iniziale 1981 fu la Villa Medicea La Ferdinanda di Artimino.

Sarà poi la volta della Cappella Pazzi di Filippo Brunelleschi nel 1984, della Sala Ottagonale della Fortezza da Basso nel 1989, del Palazzo Pubblico e all’Acqua Borra a Siena nel 1999, del Forte di Belvedere nel 2003 e nel 2017, del Giardino di Boboli nel 2013, della Stazione Leopolda nel 2014. La Basilica di San Miniato al Monte dal 1992 fino al 2018 con la celebrazione del Millenario.

Avendo poi avuto una iniziale educazione scientifica la sua arte sconfina dalla chimica all’alchimia e alla fisica, nello stesso modo in cui trascorre dall’esoterismo al misticismo, riconoscendo quella che Ananda K. Coomaraswamy definiva come tradizione metafisica. Spazio X Tempo chiama la banda rossa in proporzione aurea che costituisce la sua cifra. Si addentra nelle Upanishad e si intona a Rumi. Parallelamente guarda alle ultime declinazioni dell’Arte Occidentale quali vi si manifestano prima del suo declino, da Cézanne a Malevič, da Joseph Beuys a Mario Merz.

Pier Luigi Tazzi, Janua Coeli 2018-2019